giovedì 24 gennaio 2013

Intervista a Fabio Sanvitale su Leggereacolori.com


Fabio Sanvitale, nato a Pescara il 17 gennaio 1966, già regista teatrale e giornalista investigativo, sta riscuotendo un notevole successo come autore di libri quali Leonarda Cianciulli. La saponificatrice (edito da Armando editore e scritto insieme al criminologo Vincenzo Maria Mastronardi), Un mostro chiamato Girolimoni e Morte a Via Veneto, entrambi editi da Sovera edizioni ed entrambi scritti a quattro mani con il profiler Armando Palmegiani. In un’intervista ci spiega la sua passione per i true crimes e il segreto del suo successo.








1)Fabio, tu sei autore di tre libri che ripercorrono COLD CASE molto noti: “Leonarda Cianciulli. La saponificatrice”, “Un mostro chiamato Girolimoni” e “Morte a Via Veneto”, a quale sei più legato e perché? Difficile rispondere, sono stati tutti importanti. Forse al libro su Girolimoni, è quella che si conclude nel modo più ingiusto e che ha rappresentato anche l’inizio della mia collaborazione con Armando Palmegiani.
2)Come ti sei avvicinato al mistero e a simili casi di cronaca? Ti dirò: l’attrazione per il mistero c’è sempre stata, fin da piccolo. Ho cercato molte volte di capire dove tutto è iniziato. Forse da certe storie di mio nonno, appassionato di paranormale. Fatto sta che già dagli anni delle elementari ero assolutamente attratto da ciò che era impossibile spiegare.
3)In cosa credi sia cambiata la criminalità dai tempi di Girolimoni e del caso Bebawi? E’ cambiata in termini di ferocia e di regole. Erano ancora anni in cui non si uccideva un poliziotto nemmeno per sbaglio. I criminali erano disarmati, non si rischiava di morire per venti euro come oggi. Il livello di violenza era complessivamente più basso e la polizia risolveva meglio di oggi un numero minore di delitti.
4)I due libri Un mostro chiamato Girolimoni e Morte a Via Veneto sono scritti a quattro mani con il Sostituto Commissario Armando Palmegiani, esperto di scena del crimine. Qual è il segreto della vostra proficua collaborazione? Innanzitutto l’amicizia che ci lega e poi lo sguardo disincantato sul mondo del crimine. Riusciamo ad usare un tono brillante per raccontare vicende che sono assolutamente cupe. E poi, naturalmente, una enorme passione per tutto quello che è cronaca nera.
5)Quanto ti ha aiutato nella tua carriera di scrittore il passato da giornalista investigativo? Le cose sono andate di pari passo. Sono due modi diversi di scrivere, ma la tensione, l’analisi sono le stesse
6)Cosa ti colpisce principalmente in una storia? L’intreccio, le capacità narrative. I colpi di scena, la possibilità di rivelare un mondo; di raccontare un’epoca, una comunità, di essere storia. Tramite il delitto si comprende un’epoca, lo considero un modo per comprendere il mondo.
7)Tra i tuoi progetti futuri c’è anche un ritorno al teatro come regista? No. Di questi tempi, poi…
8) Cosa pensi del mondo dell’editoria attuale? Penso che ci siano talenti interessanti per raccontare storie come le mie. Sia nel campo dei true crime che del giallo vero e proprio. Anche se oggi come oggi è soprattutto dalla televisione che è veicolata la nera. Anche sul web, infatti, va poco. Sono mezzi diversi. Ma si trovano libri interessanti, squarci di verità che aiutano ad avere una coscienza civile.
9)Cosa consiglieresti ad un aspirante scrittore? Se vuole raccontare una storia vera, di evitare l’effetto domino. E’ quello che succede quando copi le notizie dai libri già usciti. Se c’è un errore nel primo, si propaga come nel domino…rifare le indagini da capo, trovare un punto di vista nuovo e originale. Non compro mai i libri con venti casi dentro: sono solo dei copia/incolla spesso pieni di inesattezze…
10)Ultima domanda: perché i nostri lettori dovrebbero acquistare i tuoi libri? Perché io e Armando siamo bravi: sono storie scorrevoli, che si lasciano leggere, documentate, dallo sviluppo incredibile. C’è l’atmosfera dell’epoca, sono storie interessanti, che insegnano qualcosa. Perché tengono svegli ed hanno un taglio molto originale. Che ne dici, basta?


mercoledì 23 gennaio 2013

LA MIA BRAMA sul blog di Elisabetta Bagli


mercoledì 23 gennaio 2013

"La mia brama", di Alessandra Prospero




"La mia brama"

Un tempo avrei cavalcato verso i tuoi desideri 
Per placare il mio malessere. 
Avrei cercato il mio feroce smarrimento 
E la tua dolce sottomissione. 
Avrei rincorso le tue ciglia contemplanti 
Solo per avere una tregua illusoria 
Per pietrificarmi nella tua sensualità, 
Estraniarmi nel tuo inseguimento. 
Ma ora il tuo sguardo perplesso, 
Schiavo della mia curiosa indolenza, 
Mi palesa la tua debole trama 
Di uomo fallace e disarmato 
E l’ardore muore insieme alla tensione 
Non bramo più condivisione cocente, 
Non voglio filtri o amplificazioni 
Di una riflessione troppo personale. 

di Alessandra Prospero



"La mia brama" è una lirica di Alessandra Prospero
tratta dalla Silloge "P.S. Post Sisma", 
vincitrice del 2° posto al Premio Internazionale Vitruvio
e del 2° posto nella sezione sociale Premio Leandro Polverini




Per visualizzare il blog di Elisabetta Bagli:
http://elisabettabagli.blogspot.it/2013/01/la-mia-brama-di-alessandra-prospero.html?spref=fb


martedì 22 gennaio 2013

C'ERA UNA GUERRA di Emanuela Arlotta


                                   






             http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=638010

                               





                                     


sabato 19 gennaio 2013

PASSI di Annamaria Dulcinea Pecoraro





                   http://www.dulcineadulci.altervista.org



Dulcinea


   
   la poesia è tratta da


                                       

venerdì 18 gennaio 2013

IO COME AUTORE

Ed ora una recensione su di... ME! ;-)

Potete leggere la recensione, a firma di Cristina Pecora, al seguente link:

http://issuu.com/iocome/docs/io_come_autore_63/20





A scanso di equivoci, io non sono la donna in copertina, mi trovate a pagina 20.
      

LUIGI FINUCCI letto da Stefano Mambelli






L'ODORE DELLA CITTA'     prima poesia
LA RAGAZZA DELLA STAZIONE   seconda poesia

sabato 5 gennaio 2013

CIRO CIANNI, POETA ED EDITORE - Progetto Luce e l'importanza di scrivere





Ciro Cianni è uno stimato e pluripremiato poeta che nasce a Chivasso (Torino) e, dopo aver vissuto a lungo in Calabria, da dieci anni vive e lavora a Roma. Menzioni, progetti di un editore, spiritualità e l'importanza di scrivere.
La sua produzione poetica gli è valsa diverse vittorie (Premio speciale “Selezione Passaporto”,”Edizioni Duemila“, “Oscar della Cultura”,”Encomio Solenne” solo per citarne alcuni), segnalazioni e premi della critica (Premio della critica al premio Poeti in Sanremo nel 2011), menzioni d’onore, Presidente di Giuria al premio Francesco Petrarca di Capranica nel 2010.
Cianni si è reso protagonista anche di una iniziativa meritevole e degna di nota: ha tenuto "un corso di poesia' per il progetto 'Luce', nel 1999, presso la Casa Circondariale di Paola (Cs).

-  Quando inizia la tua carriera di poeta?
è iniziata per gioco. Non so se hai presente le feste di compleanno,  l’ultima cosa che si fa è scrivere il bigliettino di auguri… cercando di creare una frase carina per il festeggiato.  Non so perché ma chiedevano sempre a me di scriverlo! Da lì mi sono accorto che le parole, nel metterle ‘in fila’, mi facevano provare una certa naturalezza e piacere “nell’andare a capo”. Ho iniziato così a buttar giù qualche verso e poi, parola dopo parola, ho iniziato a stampare in tipografia qualche raccolta per far uscire dal cassetto le prime emozioni poetiche… Ad oggi la poesia è diventata la mia vita.

-  Tu sei anche editore, la tua casa editrice di cosa si occupa?
Ho iniziato da poco questa avventura, mi è stato proposto e ho accettato. Come parametro di giudizio mi sono posto… la bellezza, cioè pubblicare solo testi che hanno qualcosa da dire in funzione del bello. Non far passare tutto per poesia o per arte. C’è bisogno di selezione altrimenti, non accorgendoci, ci abitueremo al mediocre senza più saper scegliere tra il bello o  il brutto. Non è giusto far illudere le persone nel pubblicare e poi lasciarle con una montagna di libri da regalare, forse, ai parenti. Se pubblico un libro vuol dire che ci credo e che ogni pagina va ‘difesa’.

-  Cosa rappresenta per te scrivere?
Lo considero un dono…  un testimoniare la vita e tutto il buono che abbiamo dentro che va donato agli altri incondizionatamente. In ogni poesia metto sempre un pezzo di cuore.

-  La religiosità è un elemento molto importante nelle tue opere, spiegaci perché?
Importantissima, cerco sempre di portare questo aspetto in ogni testo ed in ogni progetto letterario che faccio. La pienezza della mia poesia va nella direzione di Dio, non vedo altro ispiratore più grande. Ogni mia parola non avrebbe significato e il significante sarebbe sterile… scatole vuote.

-  Quali progetti hai per il futuro?
A gennaio uscirà il primo libro della casa editrice ( Edizioni Jehoshu'a) e poi tanti incontri culturali nella splendida Abbazia delle Tre Fontane, dove abbiamo la sede. Un anno che si preannuncia pieno di poesia e bellezza.
«passo dopo passo/intorno alle parole/ho lasciato il mio cammino,/dove il giorno e la notte/hanno gioito all’incontro,/fluire dell’amore…/passato giacente fra nature illibate al passaggio,/ho piantato cuori per il tempo/nello spazio del mondo.»  tratto da Ho visto solo cielo, Edizioni Lepisma.

giovedì 3 gennaio 2013

POESIE IN VETRINA

UN GRAZIE PARTICOLARE A GIANNA FERRI E A GUARDIANO DEL FARO! 
Complimenti per il blog, è molto suggestivo...

http://blogpericoncorsidipoesia.blogspot.it/2013/01/poesie-in-vetrina-alessandra-prospero.html


POESIE IN VETRINA : ALESSANDRA PROSPERO





PRIMAVERA SOGNANTE 

  La parvenza di primavera permea tutto di primula


E il sorriso si schiude assorto in una soddisfazione serena.


L’indulgenza avanza propizia sulle proprie ed altrui mancanze…


Respiro a pieni polmoni questa purea di profumi


E chiudo gli occhi addolciti di trucco a chiamare echi.


Ascolto commossa il giorno costellarsi di piccole cose musicali


Per chiudersi infine in una floreale e obliante ninna nanna notturna.




mercoledì 2 gennaio 2013

Berlusconi e le sue contraddizioni in un saggio di Aldo Abenavoli



Paradossi e sfaceli politici
in un’Italia addormentata.
Le colpe mute dei cattolici
e la luce in fondo al tunnel 

di Alessandra Prospero
Le tante contraddizioni dell’ex premier
in un saggio salace, da Città del sole 


«Nel Titanic del belpaese che sta affondando l’orchestra continua a suonare forse sperando di allontanare il momento cruciale, quello del lento inabissarsi verso un fondo senza fine». Un finale tragico per un paese puntualmente incluso tra le potenze al vertice della terra, quantomeno dal punto di vista economico: si pensi, infatti, alla sua costante partecipazione al G8, sin dalla sua prima formazione negli anni Settanta, quando ancora si chiamava G6. Un paese che da sempre è meta agognata dei turisti di tutti il mondo, nonché fulgido esempio di una caparbia rinascita politica e sociale, verificatasi nel periodo del Secondo dopoguerra grazie all’instaurazione della Repubblica parlamentare. Eppure oggi pare colare a picco di giorno in giorno. Ma come siamo giunti a tutto ciò? Ciò che ci serve è un’analisi capillare a ritroso nel tempo, per capire per quale motivo l’Italia è prossima all’inabissamento.
Ce lo spiega Aldo Abenavoli in una minuziosa e sarcastica (a volte comicamente impietosa) analisi dell’ultimo ventennio politico italiano e dei suoi caratteristici rappresentanti, in particolare del più caratteristico: Silvio Berlusconi. Tutto ciò in un saggio appassionante: Un laico alla ricerca della verità (Città del sole, pp. 304, € 14,00).

Il Cavaliere, l’uomo dei paradossi
Si evince già dal titolo il tipo di percorso critico che l’autore intende intraprendere ed è inquietante come lo scenario che si apre davanti ai nostri occhi di lettori curiosi e coinvolti sia stato creato da un passaggio fondamentale: «l’elettore italico dopo la presa di coscienza degli anni ottanta è ora travolto da un panico da novanta e quindi conferisce al Cavaliere un’ampia delega finalizzata non al progresso e la prosperità ma alla lotta contro la coalizione di sinistra, quella sinistra di cui lo stesso Cavaliere è stato sostenitore avendo militato nel Partito Socialista che, a quei tempi, conserva ancora il simbolo della falce e il martello!». Ed è solo il primo dei paradossi a cui ci ha abituati il nostro ex Presidente del Consiglio: in primis il temibile conflitto fra gli interessi del Cavaliere, imprenditore in molti campi ma soprattutto nel settore dell’informazione, e gli interessi del paese. Qualsiasi altra nazione, infatti, si sarebbe scandalizzata di fronte a una simile e pericolosa anomalia, ma non noi. Poi le varie leggi ad personam e l’atavica avversione per la magistratura da parte di una delle più alte cariche dello stato: un atteggiamento quantomeno “curioso” per non dire dissonante o eversivo. Infine uno spudorato nepotismo (si ricordino le candidature di varie soubrettines e starlettes) e un sistema clientelare organizzatissimo operante a favore di un personaggio pubblico che nel 1994 era “sceso in campo” per propugnare invece la meritocrazia, essendo egli stesso un self-made man.

«L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro»
Il più amaro, tragicomico paradosso è che il primo articolo della Costituzione stabilisce appunto che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, e dunque nel contesto storico attuale dovremmo ritenerci elettori “anticostituzionali”, avendo eletto rappresentanti di governo che hanno fatto sì che di lavoro non ce ne fosse più o non ce ne fosse per tutti.
Mai come in questo periodo il tasso di disoccupazione è stato così alto, anzi è proprio drammaticamente impennato. «La Costituzione Italiana è di stampo sovietico – dichiara il Cavaliere –. Infatti l’atto fondamentale della repubblica sancisce non solo il diritto al lavoro ma anche quello ad una retribuzione in linea con il livello economico della nazione». Peccato che la realtà attuale sia molto diversa, soprattutto dopo le leggi Treu e Biagi, che hanno avuto sì il merito di «liberare il mondo del lavoro da lacci e laccioli e contestualmente di “stabilizzare” il lavoro precario» ma anche la colpa di aver «aumentato a dismisura la tipologia dei rapporti di lavoro parasubordinato […]. Oggi in teoria sarebbe più facile trovare lavoro di venti o trenta anni fa, solo che si tratta spesso di lavoricchi a termine o a tempo indeterminato con retribuzioni del tutto insufficienti».

Il “laico” Abenavoli
La laicità di Abenavoli parte da un’educazione religiosa che, attraverso una certa inquietudine circa le vicissitudini della Chiesa cattolica nel periodo postconciliare, si esplica soprattutto come metodo di ricerca. L’autore si chiede e ci chiede se sia accettabile che «tanti cattolici che frequentano i sacramenti, sono impegnati nelle parrocchie e testimoniano la loro fede nella famiglia e nei luoghi di lavoro, non si siano mai posti la domanda sulla compatibilità della fede cristiana con il paganesimo dionisiaco del “Casino delle libertà”» dimostrando per tutto il saggio una fine ironia e una sagacia che rendono in effetti sopportabili anche le pagine più amare. Amare come le conclusioni a cui Abenavoli ci conduce non senza comunque un residuo barlume di speranza: «quello che il popolo italiano ha commesso in questi ultimi anni è obiettivamente inconcepibile e imperdonabile: il Paese per ignoranza, per convenienza o per ignavia si è affidato al vitello d’oro come gli ebrei mentre Mosè stava per ricevere il Decalogo». Ma non tutto è perduto, sostiene fiducioso l’autore, poiché nell’ombra opera un esercito invisibile di credenti, magistrati, volontari, giornalisti, imprenditori e amici che lavorano con serietà e con fiducia per operare un effettivo cambiamento di questo paese.

Alessandra Prospero

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 65, gennaio 2013)